“…ti darò un profumo che la mia donna ha avuto in dono da Venere e Amore. Quando l’odorerai, prega gli dei, Fabullo mio, di farti tutto naso.”
Catullo – Da me cenerai bene
I romani avevano una passione smodata per i profumi, talmente incontrollata che l’Imperatore Tiberio fu costretto a lamentarsi in senato per la somma spesa dal suo popolo durante l’anno (ben 100 milioni di sesterzi!) per soddisfare l’impellente desiderio di essere avvolti da note odorose e fragranze esotiche originali e sensuali.
A dire il vero nel mondo romano non si parla di profumi ma di unguenti odorosi. ottenuti da spezie o petali di fiori provenienti dall’Oriente e dall’antica Grecia. Come abbiamo già visto nelle precedenti storie dei profumi, in principio questi unguenti erano utilizzati a fini medicamentosi o religiosi. In effetti, l’etimologia stessa della parola per fumum – attraverso il fumo – lega la parola profumo al mondo immateriale e religioso. Gli unguenti odorosi venivano utilizzati per purificare il corpo o per entrare in contatto con gli dei, ma anche durante i momenti conviviali, in particolare duranti i banchetti i tavoli dove si mangiava venivano cosparsi di gocce profumate diluite in acqua.
L’utilizzo del profumo come cosmetico risale al II I sec. a.c.quando Roma allarga i suoi orizzonti e grazie alle sue conquiste incontra nuovi popoli e usanze.
Miti e aneddoti sui profumi nell’antica Roma
Plinio il Vecchio sosteneva che il profumo era la forma di lusso più futile a causa del suo essere effimero. Ed in effetti, l’uso dei profumi veniva considerato una vanità ingiustificabile per molti filosofi e anche per gli imperatori. A tal proposito Svetonio narra nella sua opera “Vite dei Cesari” che l’imperatore Vespasiano, nel trovarsi di fronte un giovane tutto profumato, venuto a ringrazialo per essere stato eletto prefetto, fece un cenno di disprezzo e gli revocò la nomina ma prima gli disse: “avrei preferito puzzassi di aglio!”
Un altro aneddoto molto famoso è quello che riguarda l’imperatore Cesare, che pare non avesse gusti raffinati in fatto di profumi. L’imperatore amava avvolgersi in una nuvola di profumo, in particolare di telinum, un unguento oleoso ottenuto da fieno greco, maggiorana e meliloto. Plutarco invece racconta che Cesare condiva gli asparagi con un unguento odoroso al posto dell’olio d’oliva.
Secondo la leggenda Nerone spese la somma di 24 milioni di sesterzi per organizzare una festa nella Domus Aurea dove fece piovere sulla testa degli invitati petali di rosa profumati con una costosissima essenza che lui adorava.
Come già appreso, il profumo era il mezzo più favorevole per entrare in contatto con gli dei. Secondo la leggenda furono proprio gli dei a regalare per primi agli uomini unguenti profumati. Si narra che Afrodite, per ringraziare Faone per averla traghettata sulla sua barca senza voler in cambio qualcosa, gli regalò una boccetta di profumo.
L’antica Roma e la febbre del profumo
A Roma la febbre del profumo conquista tutti dai Patrizi ai plebei e perfino i soldati che adorano profumarsi i capelli e i vestiti. Grazie ai maestri unguentari e alle materie prime disponibili a seconda delle conquiste dell’impero, nascevano questi unguenti a cui però si cambiava olio in base al ceto sociale cui erano destinati. I romani erano così ossessionati dai profumi che erano disposti a pagare cifre altissime pur di ottenere il profumo che amavano. Ma come già detto, dobbiamo aspettare il II sec. a.c. per trovare i profumi creati su base alcolica, con l’inizio degli scambi commerciali tra Occidente e Oriente.
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